8) Tribunale di Roma Sent. n. 15703/2014 - Azione Responsabilità Ammin. e Arbitrato - RelazioneCOMPROMETTIBILITA’ AD ARBITRI DELL’AZIONE DI RESPONSABILITA’ CONTRO GLI AMMINISTRATORI: LIMITI ALLA COMPETENZA DEL GIUDICE ORDINARIO La clausola compromissoria, inserita nell’atto costitutivo della società, che preveda la deferibilità agli arbitri delle controversie aventi a oggetto le azioni di responsabilità proposte nei confronti degli amministratori di società di capitali, costituisce espressione della volontà delle parti che vi hanno aderito di sottrarsi totalmente alla tutela giurisdizionale ordinaria per affidarsi a quella arbitrale; pertanto, l’operare della suddetta clausola comporta, in presenza della relativa eccezione sollevata tempestivamente con il primo atto difensivo, che il giudice ordinario debba declinare la propria competenza a conoscere della controversia medesima in favore degli arbitri. E’ compromettibile in arbitri l’azione di responsabilità finalizzata al ristoro dei danni direttamente derivati ai soci dalle inadempienze gestorie addebitate agli amministratori, ogniqualvolta non vengano prospettate condotte implicanti violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi, trattandosi di controversia che ha a oggetto diritti di natura disponibili.
7) Tribunale di Roma Sent. n. 25939/2015 Resp. Ammin. e quantificazione danniAzione di responsabilità contro amministratore. Criteri quantificazione dei tipi di danno risarcibile Nei confronti del liquidatore di una srl è possibile esperire le medesime azioni proponibili nei confronti dell’amministratore, in virtù del richiamo di cui all’art. 2489 c.c. Dal combinato disposto delle disposizioni di cui al primo, terzo e sesto comma dell’art. 2476 c.c. si ricava che l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (volta ad ottenere il risarcimento del danno patito dal patrimonio sociale a causa dell’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo) può essere esercitata sia dalla società (titolare del diritto al risarcimento del danno) sia dal socio (ciò indipendentemente dalla consistenza della partecipazione sociale). Tuttavia il socio – non essendo titolare del diritto al risarcimento del danno – fa valere in nome proprio il diritto spettante alla persona giuridica. Ne consegue, dunque, che la società – quale soggetto titolare del diritto in favore del quale si esercita l’azione – deve necessariamente partecipare (ex art. 102 c.p.c.) sia al processo relativo all’azione sociale, sia ad eventuali procedimenti cautelari. Qualora al momento dell’esercizio dell’azione sociale il soggetto asseritamente responsabile dei danni al patrimonio sociale sia ancora titolare dei poteri di rappresentanza sostanziale della società, è necessaria la nomina di un curatore speciale ex art. 78, comma 2, c.p.c., atteso l’evidente ed attuale conflitto di interessi tra rappresentante (l’amministratore che sia dotato anche di del potere di rappresentanza della società) e rappresentato (la società stessa). La responsabilità degli amministratori o dei liquidatori della società non costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva, del tutto estranea, quest’ultima, alla ratio legis degli artt. 2392 e 2393 c.c. che – sostanzialmente – pongono al centro della responsabilità la colpa degli amministratori medesimi. Per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è sufficiente invocare genericamente il compimento di atti di mala gestio e riservare una più specifica descrizione di tali comportamenti nel corso del giudizio, atteso che per consentire alla controparte l’approntamento di adeguata difesa, ne rispetto del principio processuale del contraddittorio, la causa petendi deve sin dall’inizio sostanziarsi nell’indicazione dei comportamenti asseritamente contrari ai doveri imposti agli amministratori dalla legge o dallo statuto sociale. Ciò vale tanto che venga esercitata un’azione sociale di responsabilità quanto un’azione dei creditori sociali, perché anche la mancata conservazione del patrimonio sociale può generare responsabilità non già in conseguenza dell’alea insita nell’attività di impresa, ma in relazione alla violazione di doveri legali o statutari che devono essere identificati nella domanda nei loro estremi fattuali. Nel valutare l’operato dei liquidatori, in particolare, si dovrà tener presente quale sia lo scopo della fase di liquidazione. Infatti mentre gli amministratori hanno il compito di gestione dell’impresa sociale, consistente nell’attività di esecuzione del contratto sociale, diretta a realizzare l’interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso, i liquidatori hanno il compito di gestire e portare a termine la fase di liquidazione della società, funzionale al pagamento dei debiti sociali ed alla ripartizione del residuo tra i soci. Ai fini della condanna al risarcimento dei danni cagionati al patrimonio della società, sarà necessario verificare se i comportamenti contestati al liquidatore siano stati posti in essere in violazione di obblighi previsti dalla legge o dallo Statuto; se il patrimonio della società abbia subito un danno; se tale danno sia causalmente collegabile al suddetto comportamento illecito. Il risarcimento del danno cui è tenuto l’amministratore o il liquidatore, ai sensi dell’art. 2393 c.c., dà luogo ad un debito di valore. Per quanto attiene alla quantificazione del danno in caso di condotte distrattive, il danno al patrimonio sociale è pari all’intera somma distratta.
6) Tribunale di Milano Sent. n. 10165/2012 - Cancelllazione della società e debiti Azione di responsabilità e legittimazione La violazione dei doveri di amministrazione ex art. 2476 c.c. e il conseguente pregiudizio al patrimonio sociale non può essere fatta valere dal terzo creditore, che è privo di legittimazione attiva rispetto a detta azione, che può essere proposta dalla società o da ciascun socio, quale sostituto processuale legittimato straordinario all’esercizio dell’azione in nome e per conto della società. La responsabilità ex art. 2395 ovvero ex art. 2043 c.c. dell’amministratore nei confronti del creditore sociale presuppone un comportamento illecito dell’amministratore che produca un pregiudizio direttamente nei confronti del creditore stesso. Il liquidatore sociale che ometta l’appostazione di un debito nel bilancio finale di liquidazione e proceda alla cancellazione della società al registro imprese non è tenuto a risarcire alcun danno nei confronti del creditore pretermesso, se non risulta provato il nesso di causalità tra l’omissione contestata e il mancato pagamento del debito stesso (nel caso di specie, stante la incapienza del patrimonio sociale, la iscrizione del debito sociale non avrebbe mutato in alcun modo l’esito negativo della liquidazione).
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