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STUDIO LEGALE TRIBUTARIO ​
​Avv. Giuseppe Gabriellini

April 11th, 2020

11/4/2020

 
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Locazione Commerciale.
Le caratteristiche della prestazione divenuta "eccessivamente onerosa".
La possibile risposta del proprietario al conduttore imprenditore. 


11/04/2020
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Il tema è di sicuro interesse per tutti i proprietari di immobili commerciali.

Ma è di particolare interesse soprattutto per i conduttori imprenditori che, nei giorni scorsi, hanno inviato una comunicazione al proprietario dell’immobile richiamando l’eccessiva onerosità sopravvenuta del canone di locazione, per la chiusura d’imperio dell’attività commerciale svolta.

La conclusione per la quale risulterebbe utile, agli operatori economici, invocare una risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta nei confronti del proprietario, ritenendo con ciò automatico l’ottenimento della ricercata riduzione del canone di locazione, sta difatti generando pericolose illusioni.

La dimostrazione del calo del fatturato e delle entrate finanziarie non è sufficiente per sostenere che il canone di locazione sia diventato eccessivamente oneroso per l’impresa.

Sul piano della disciplina legale, occorre invero valutare quali caratteri debba presentare nel concreto una prestazione di pagamento per diventare nel tempo eccessivamente onerosa.

L'onerosità, ai fini di una sua valutazione in termini di sopravvenuta eccessività, va infatti misurata nella sua oggettività e NON con riguardo alla situazione soggettiva in cui versa l’imprenditore rispetto al contratto.

Più specificatamente, l’obbligo di pagamento del canone deve valutarsi in termini di equilibrio economico con la prestazione del proprietario dell’immobile indicata nel contratto, ossia tra il valore economico dell’una e dell’altra, per cui solo il mutamento di tale equilibrio economico iniziale configurerà una sopravvenuta eccessiva onerosità dell’obbligazione di pagamento.

Ed infatti, lo scoppio di una guerra che determina una eccessiva crescita del prezzo di alcuni beni può essere un evento straordinario e imprevedibile utile per giustificare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, non certo il mero fermo temporaneo dell’attività d’impresa.

La chiusura temporanea dell’attività a causa del Coronavirus non modifica l’entità dell’obbligazione di pagamento dell’impresa in termini di aumento della relativa onerosità, perché la misura attuale del canone di locazione non incide sul bilancio dell’impresa con un aumento dei costi a causa dell’imposta chiusura temporanea dell’attività.

Non sarà sicuramente sostenibile sul piano finanziario nel breve periodo, ma la difficoltà di adempiere dell’impresa per mancanza di incassi, non potrà assumere alcun rilievo ai fini di un giudizio di sopravvenuta onerosità della prestazione, perché la sospensione temporanea dell’attività non impone all’impresa un sacrificio economico maggiore di quello inizialmente concordato con il proprietario dell’immobile.

L’onerosità sopravvenuta e la difficoltà ad adempiere sono due situazioni diverse, che operano su piani di valutazione diversi del rapporto contrattuale e che non possono essere assimilate o sovrapposte nel valutare l'adempimento.

La condizione di illiquidità dell’impresa, ancorché derivante da atti dell’Autorità, investe la sfera soggettiva del debitore, in quanto incide sulla sua capacità patrimoniale di adempiere, ma non incide sull’esecuzione della prestazione considerata nella sua caratteristica oggettiva.

Ad una eventuale richiesta in tal senso dell’impresa, potrà dunque replicarsi che ogni imposizione fondata su una simile giustificazione, oltre ad essere insostenibile per le ragioni sopra accennate, rischia di danneggiare entrambe le parti del rapporto.

Da un lato, l’imprenditore rischia:
1) di abbandonare il luogo, magari di alto passaggio, dove svolge l’attività;
2) di non poter usufruire, senza il pagamento del canone di locazione, del credito d’imposta, almeno per i locali di categoria C1;
3) di aumentare i debiti aziendali per il mancato pagamento dei canoni.

Dall’altro, il proprietario rischia invece di dover sostenere dei costi per avviare un’azione giudiziaria di recupero contro l’impresa insolvente.
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In un’epoca di sharing come quella attuale è dunque il caso di non limitarsi solo alla condivisione di foto delle vacanze, di animali o di piatti del ristorante, ma di suddividere con equità quelle difficoltà finanziarie che riverberano i loro effetti su tutte le economie, private e d’impresa, senza perciò assumere posizioni insostenibili che avranno la sola utilità di aumentare il contenzioso.
 
Avv. Giuseppe Gabriellini
 

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